Via Merulana (R. I Monti- R.XV Esquilino) (da Piazza di Santa Maria Maggiore a Piazza di San Giovanni in Laterano)
Il nome della via si fa derivare, in antico, da merulus (merlo), un podere ivi ubicato di proprietà della famiglia Meruli.
La strada [1], nel medioevo, non aveva inizio da Santa Maria Maggiore. Dalla Basilica Liberiana partiva una strada stretta che sboccava a via di S. Vito [2] e di qui portava a S. Eusebio, da dove per il vicolo di San Matteo, ne costeggiava la Chiesa, per passare poi davanti a quella dei Santi Pietro e Marcellino [3]. Da questo punto, un vicolo, chiamato via Tabernale, riusciva di fronte alla basilica di San Giovanni Laterano.
Fu Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) che pensò di collegare con un rettifilo la basilica Mariana a quella Lateranense e lo chiamò via Gregoriana.
Nel piano regolatore da lui tracciato, Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) comprese l’importanza e completò la via Gregoriana, chiamandola nuovamente Merulana.
Dov'è ora la chiesa di Sant'Alfonso de' Liguori [4], era la villa Caserta, già del cardinale Francesco Nerli (1636-1708), poi dei Caetani, dal 1725 al 1852, che si estendeva fra il vicolo di S. Marco e la via di S. Vito e che ospitò nel 1702 Maria Casimira Sobieski, regina di Polonia [5], che, aspirando a fare della sua casa un centro letterario, come aveva fatto a suo tempo Cristina di Svezia, Pasquino le fece dire:
“Nacqui di un gallo semplice gallina, Vissi fra li pollastri e fui regina, Venne in Roma cristiana e non CRISTINA".
Dove è ora il palazzo Brancaccio erano gli “Horti Mecenatis” [6] e la chiesa di Santa Maria della Purificazione [7] ed all'altro lato della strada il così detto “auditorium” di Caio Cilnio Mecenate.
L’origine dei cimiteri cristiani, entro le mura, è di poco posteriore all’epoca di Giovanni III (561-574). Il più vecchio epitaffio rinvenuto, nel cimitero dell’Esquilino, fra le terme di Diocleziano e la chiesa di S. Eusebio e dove verrà edificata la villa Peretti poi Massimo [8], data del 567.
In questa regione, dov’erano vasti giardini, fra cui gli “horti Mecenatis” e gli “horti Lamiani”, i romani dell’età posteriore procedettero a stabilirvi dei cimiteri, dal fatto che la località era per lo più senza fabbricati. Del resto anche Caio Cilnio Mecenate (64 a.C.-8 d.C.) nell’impiantare i suoi giardini si era già imbattuto nei “puticoli” [9] dell’antica Roma; ubicazione che viene descritta da Orazio: “huc prius angustis eiecta cadavera cellis etc.”.
In altri termini i cristiani occupavano colla chiesa titolare di S. Eusebio e col cimitero, quei giardini che in epoca precristiana erano serviti per i puticuli degli artigiani, degli schiavi, dei saltimbanchi, abbandonati in pasto ai proverbiali corvi e cani esquilini.
Il così detto “auditorium” di Mecenate si appoggia in parte sui blocchi delle mura serviane che l’attraversano e dove è conservata una serra del giardino che ne segna presso a poco il centro. (Vi era una torre “altissimus Romae locus” che la tradizione assegna a Nerone per l’osservazione dell’incendio del 64 [10]).
Solo più tardi, agli orti di Mecenate si unirono quelli di Lamia e dei Laterani, e già all’inizio del III sec., dal Celio all’Esquilino, i giardini di Gallieno, Vario e Pallante formavano una vasta zona di piantagioni rigogliose [11].
A destra di chi entra, da via Merulana, in via Vittorio Alfieri [12] stava la “ecclesia S. Mattei in Merulana de Urbe” [13] demolita ai primi del XIX secolo dal governo francese. Risaliva al IV sec. ed era fra i titoli urbani; più tardi trasferito a Santo Stefano in Coeliomonte. La chiesa fu restaurata da Pasquale II (Raniero Ranieri - 1099-1118) nel 1110, nel 1212, da due romani, Andrea e Androtto, e in quel secolo vi risiedettero i religiosi Crociferi cui fu tolta da Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1471-1484) e data poi agli Agostiniani. Restaurata ancora, ebbe nel 1495 l'immagine della “Madre del Perpetuo Soccorso” (XIV sec.), trasferita da Creta ed ora a S. Alfonso dei Liguori. Altri lavori furono fatti sotto Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521) e Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590).
La chiesa fu Titolo [14] fin dall’inizio. Fu poi sospeso nel 600, da papa Gregorio Magno (590-604) e ripristinato da Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521) nel 1517 .
Altra antichissima chiesa di via Merulana, della quale si attribuisce l'edificazione a Gregorio III (731-741), è quella dei SS. Marcellino e Pietro. Dice infatti il Liber Pontificalis: “Gregorius tertius fecit etiam de novo ecclesiam sanctorum Marcellini e Petri prope Lateranum”.
Una chiesa antecedente, di cui fu rinvenuta una piccola confessione sotterranea nel 1750, doveva certamente preesistere, chiesa che, da frammenti d'epigrafe trovati, risulterebbe edificata da papa Siricio (384-399) che l'avrebbe dedicata nel giorno natalizio dei due santi.
Alessandro IV (Rinaldo de Jenne - 1254-1261), dopo i restauri, la riconsacrò e Clemente XI (Giovanni Francesco Albani - 1700-1721), nel 1707, l'affidò ai Maroniti cui seguirono le Teresiane.
A questa Chiesa si riannoda l'origine dell'ospedale di S. Giovanni. Il cardinale Giovanni Colonna (+1245), infatti, fondò, nel 1216 circa, un ospizio, nei pressi della chiesa, per i pellegrini poveri e infermi, che fu poi affidato alla confraternita dei Raccomandati, eretta nel 1276 ed estinta ai primi del XIX secolo.
Dove oggi sbocca la strada sulla Piazza del Laterano, il Papa Zaccaria (741-752), di fronte al Patriarchio, fece costruire un portico con una torre ed in un triclinio, che v'era contenuto, fece riprodurre con affreschi le diverse parti del mondo per significare l'universalità della Chiesa Romana.
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[1] ) Lungo la strada, secondo il Registrum Epistolae di S. Gregorio Magno v’era la chiesa di S. Severino abate del Norico, morto nel 482, le cui reliquie si sollecitavano da Pietro Suddiacono di Campania. La chiesa indicata dalla lettera “iuxta domum merulanam” sappiamo che fu un tempio ariano e che Adinolfi (XIX sec.) parla del “monastero” con oratorio di S. Severino “fabbricato da un tal Gennaro”. Alla epistola di S. Gregorio è attribuita la data del 593.
[2] ) Via della Coroncina.
[3] ) Da “Il Convento delle Teresiane” (di G. Belli):
Senti St’Antrea. A S. Pietro e Marcellino Ce stanno certe moniche befane, C’aveveno pe voto er contentino De magnà tutto co le mano. Vedi si una forchetta e un cucchiarino Si un cortelluccio pe tajacce er pane Abbi da offenne Iddio! N’antro tantino Leccaveno cor muso com’er cane! Pio ottavo però, bona memoria Che vedde na matina quer porcaro Je disse: Madre, e che vo dì sta storia Sete state avvezzate ar monnezzaro?? Che voto, un cacchio. A dio po' dasse groria Puro co la forchetta e cor cucchiaro.
[4] ) Eretta nel 1859 di stile neogotico.
[5] ) Il Barone Scarlatti ha preso in affitto il Palazzo dei signori Butij (Foro Traiano) per la regina vedova di Polonia, ove farà aprire una porta contigua al monastero di Santa Caterina da Siena per poter entrare et uscire a suo comodo. (Vedi Ms 789 Biblioteca Vittorio Emanuele).
[6] ) Uno degli Horti della Roma repubblicana ed imperiale. Gli “Horti Mecenatis” avevano un'altissima torre, detta da Orazio "molem propinquam nubilus arduis"
[7] ) All'incrocio di via delle Sette Sale (oggi viale del Monte Oppio-Largo Brancaccio) con via Merulana, circa il 1874, è stata demolita la chiesa di Santa Maria della Purificazione, appartenuta ai padri Gesuiti e che aveva, nel convento annesso, suore, che vi si erano stabilite dopo la soppressione (21 luglio 1773) della compagnia di Gesù, (da non confondersi con la chiesa di Santa Maria della Purificazione che si trova alle spalle di San Pietro in Vincoli in via delle Sette Sale al n°21) . Il palazzo del principe Brancaccio è stato in parte edificato sull'area della Chiesa, riducendo il corpo di questa in una sala del medesimo.
[8] ) Il cardinale (1570) Felice Peretti (1521-1590), poi papa Sisto V (1585-1590) aveva effettuato l’acquisto di vari appezzamenti di terreno dal 1576, a nord della basilica di Santa Maria Maggiore, ed aveva iniziato la costruzione della villa, nel 1580, ad opera di Domenico Fontana (1543-1607). Divenuto papa, nel 1585, ampliò il terreno della villa attraverso donazioni (al papa) o acquisti effettuati, tra il 1585 e il 1588, dalla sorella Camilla Peretti (1519-1605) che, per donazione dal fratello, divenne l’unica proprietaria della villa, nel 1586. I confini della villa arrivavano alla via Viminale e alla via Marsala, prolungata da via Porta S. Lorenzo (fino alla porta omonima), da un lato, e alla via Carlo Alberto e alla Basilica Liberiana (fino all’ultimo tratto di via Agostino de Pretis), dall’altro lato. Parecchi anni dopo il 1870, la villa Montalto ancora sussisteva, sulla destra dei binari d’arrivo della stazione di Termini e sovrastava parte di quella specie di lunga collina che attraversava quasi interamente la villa Massimo. La collina, fatta di terra di riporto, aveva coperta, salvandola, parte delle mura serviane: l’Aggere. Proprio su uno di quei tratti delle prische mura, la collina si elevava, sì da essere, dicevasi, il punto più alto di Roma (70 m e più). Era chiamato il "Monte della Giustizia" perché il popolo così aveva identificata una colossale statua marmorea (quattro volte il vero) raffigurante la Dea Roma seduta, con in capo l'elmo e nelle mani la lancia e il simbolo della Vittoria alata. Era stata trovata, con i Dioscuri, nelle terme Costantiniane ed elevata in quel sito dal cardinale Alessandro Peretti, nipote di Sisto V. Rimase sulla collina fino al 1878 passò poi ad Arsoli, nel giardino che circonda il castello dei Massimi. Negli sterri del 1876 fu qui rinvenuta un’abitazione romana del IV sec. Al 2° piano di questa si trovò l’oratorio domestico di una famiglia cristiana di forma basilicale con l’abside adorna di pitture antiche ritraenti il Salvatore e gli Apostoli, ed il mare coi pesci.
[9] ) Pozzi scavati per gettarvi i cadaveri. Accezione antica.
[10] ) Torre di Mecenate - "In via que est post thermas, inter orientem et aquilonem, ubi est ascensum, in illa parte eminentiore fuit turris Maecenatis, unde Nero imperator dicitur inspexisse incendium urbis (Cantando, secondo Svetonio, « l’alosis » di Troia), sub illa turri versus septentrionem est campus Esquilinus ; ubi olim comburebatur cadavera mortuorum cujus rei nidor multum urbi nocebat. Augustus, qui studuit emendare area, consensu populi Romani et Senatus concessit campum Maecenati, ubi faceret pulcherrimas hortos ; nunc appellant campum illum vivarium ; quod ibi postea detinebantur animalia ». (Anonimo sec.XV). Secondo G. Luigli la "turris Maecenatiana” non sarebbe stata una vera e propria torre, ma un'alta terrazza costruita sulle fabbriche delle ville che occupavano la sommità del colle Esquilino. Orazio la dice: "moles propinqua nubibus arduis » dove il Mecenate poteva godersi “fumum et opes strepitumque Romae”. Per testamento gli orti passarono ad Augusto, divenendo poi proprietà imperiale. La parte non inclusa poi da Nerone nella sua “domus aurea” passò a privati e nel II secolo era del retore Frontone. Anche la "columbetra”, vasca ornata o piccola terma d'acqua calda, doveva far parte degli horti Mecenatiani.
[11] ) Si iniziò a sistemare l’Esquilino nel 1895.
[12] ) Potrebbe essere anche subito a destra di chi entra in via Nicolò Machiavelli. Nella prossima via Carlo Botta, già via Curva, è stata trovata una copiosa stipe votiva del Tempio di Minerva Medica, che aveva una reputazione miracolosa. Pure nelle vicinanze la zecca imperiale, detta Moneta Caesaris, i funzionari e servi della quale dedicarono are ad Apollo, alla Fortuna, ad Ercole, alla Vittoria ed al Genio Loci. La zecca pontificia era prima alle falde del Campidoglio presso l’arco di Settimio Severo ma abusivamente spesso piccole zecche erano sistemate nelle case stesse dei senatori. (dalla seconda metà del XV sec. fu portata in Banchi).
[13] Le origini della Chiesa di S. Matteo in Merulana risalgono al secolo IV. Aveva annesso “l'hospitale dei malati della famiglia del Papa, quando i Pontefici abitavano in San Giovanni". Fu titolo trasferito poi a Santo Stefano. Vi fu trucidato il figlio del capo della fazione franca, fatto da Adriano I (772-795) tumulare in S. Pietro. La chiesa di S. Matteo fu distrutta al principio del XIX secolo.
[14] “Papa Cleto (76-88), durante il suo breve pontificato, istituì nella propria casa, situata nella zona Esquilino denominata nell’alto Medioevo Regio Merulana dal nome della Famiglia Meruli che vi possedeva dei terreni, una “domus ecclesia” titolata a San Matteo ove si raccoglievano in preghiera i fedeli cristiani”. (Estratto da: ”Roma Le Chiese Scomparse” di Ferruccio Lombardi - Fratelli Palombi Editori - 1996)
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